Ora so quale la pena, quale il dolore.

Piccola Leuconoe!

Tempo fa scrissi ad una bambina. Meglio, ad una giovane donna.

Con quella lettera io le consegnai, o almeno io credevo di farlo, il cuore che ero determinato a strapparmi dal petto. Questa donna, Leuconoe, è Ura. Mia sorella.

Ahi! Quanto la coscienza di un uomo è lontana dallo specchiarsi nella forza della propria determinazione. Avevo giurato che mai più avrei sentito la mia sicurezza sgretolarsi nel rimpianto; non avrei mai più permesso che una assenza avesse sulla mia anima il potere che mai a nessuno ho concesso.

Piccola Leuconoe!

All’ingresso in Accademia il mio maestro un giorno mi scelse tra tutti i suoi discepoli. Ci avvicinammo ad una splendida fontana dalla bella vasca di marmo. Lì egli mi invitò a tuffare al testa in acqua. Lo feci. Egli mi afferrò e mi tenne a lungo sott’acqua. Poco a poco le bolle d’aria si diradarono. All’ultimo momento il maestro mi tirò fuori e mi aiutò a riprendermi del tutto. Poi, guardandomi con durezza, mi disse: “quando desidererai la verità e la conoscenza come hai desiderato l’aria, mi disse, allora saprai cosa sono”.

L’assenza mi tiene la testa sott’acqua; poco a poco io soffoco. La mia aria si fa più rarefatta: ed è attraverso questa asfissia che io ricostituisco e riconosco l’intrattabile dell’amore.

Piccola Leuconoe!

Ora so quale è stata la pena, quale il dolore di Ura. Una simile crudeltà ora ha preso al laccio le mie lacrime. Lacrime invisibili che scorrono, silenziose, rigando lo specchio opaco del mio intimo.

Oggi ho nel cuore
un vago tremolio di stelle
ma il mio sentiero si perde
nell’anima della nebbia.
La luce mi tronca le ali
e il dolore della mia tristezza
bagna i ricordi
alla fonte dell’idea.1)


Ora so quale è stata la pena poiché la coscienza della propria impotenza di fronte alla fissità di una scelta, congela le possibilità. L’anelito, l’impulso alla ribellione, sospeso. Inutile.

Perché, piccola Leuconoe, ora lo so, provo per te quello stesso affetto che provo per Ura.

Ti prego dunque, Elkanah, di lasciare che sia, per l’ultima volta, mia sorella Leuconoe a leggere questa lettera. Poiché quando io morii ero crudelmente cosciente dell’affetto che Ura portava per me. Non lasciare che Leuconoe muoia senza sapere quello che io porto a lei.

Tharkin

1) da “Canto d’autunno” di Federico Garcia Lorca
documenti/5_tharkin_a_leuconoe.txt · Last modified: 2009/03/13 21:55 (external edit)
CC Attribution-Noncommercial-Share Alike 3.0 Unported
www.chimeric.de Valid CSS Driven by DokuWiki do yourself a favour and use a real browser - get firefox!! Recent changes RSS feed Valid XHTML 1.0